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Apertura negozio professionale

fabiokrt
Utente della Community

Buongiorno ragazzi. 
Vi scrivo per chiedere consiglio a chi sicuramente ne saprà più di me. Da circa un anno vendo oggetti usati su ebay. 
Finora si è trattato di oggetti personali che ho dovuto vendere in quanto rimasto a casa da lavoro e quindi ho preferito monetizzare qualcosina. Ho quindi aperto un negozio base per avere la possibilità di pubblicare più inserzioni a fronte di un canone mensile.
Il problema (se così lo vogliamo identificare) è che questa vendita di oggetti usati sta andando piuttosto bene e sinceramente non me la sento di continuare in questo modo senza regolarizzare la mia situazione. Mi piacerebbe farla diventare a tutti gli effetti un'attività facendo compra-vendita di oggetti usati. Sicuramente la cosa migliore è chiedere la consulenza di un buon commercialista ma, siccome qua si ha l'esperienza diretta di chi magari sta facendo la stessa cosa, vorrei chiedervi  dove si andrebbe a parare a livelli di costi e su che cifre minime mensili credete che ci si debba aggirare per rimanere in piedi e tirarne fuori un guadagno minimo.
Inizierei come nuova attività quindi credo di poter rientrare nel regime agevolato...sto cercando di carprire quante più informazioni possibili da settimane in modo da farmi un'idea quanto più completa della situazione. 
Il 95 % lo punterei sulla compra-vendita di videogiochi, settore che per esperienza gira bene. Qualcuno tra voi fa questo come lavoro a tutti gli effetti ? Sapete darmi qualche dritta nuda e cruda sulle cifre e sul volume d'affari minimo per poter tenere in piedi un negozio di questo tipo ?
Grazie in anticipo per qualsiasi aiuto 🙂

Messaggio 1 di 21
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20 RISPOSTE 20

Apertura negozio professionale

Mi dispiace ma giurisprudenzialmente dissento. La condizione per la quale si salda l'IVA come consumatore finale è assolutamente bastante per acquisire la proprietà di un bene. Addirittura la proprietà acquisita di un bene prescinde dal concetto IVA, in quanto la cessione della proprietà può avvenire in moltissimi modi che non siano affatto la presenza di un corrispettivo monetario o remunerato e quindi l'assunzione di proprietà di un bene prescinde dalla stessa vendita. Deriva invece da un contratto del quale il pagamento di un corrispettivo a mezzo vendita è solo un corollario. Ma poiché chi acquista paga il bene, se è compreso dell'IVA da pagare, a maggior ragione ne diventa proprietario a tutti gli effetti a prescindere dal modo con il quale sia stato acquisito.

 

Quando parlo dell'IVA come consumatore finale, intendo che il ciclo dell'IVA si conclude in quanto un consumatore finale, ovvero colui che non mette in rivendita un bene perché non acquistato in forma professionale e quindi non produce alcun valore aggiunto (oggetto dell'imposta IVA), caratterizza il concetto di privata proprietà ed acquisizione personale. Questo succede perché un soggetto attivo economicamente sotto forma imprenditoriale, utilizza il sistema della compensazione dell'IVA, registrando sul registro IVA l'acquisto e la relativa aliquota pagata e la relativa aliquota incassata in rivendita ed ingenerando quel principio di compensazione costituito dal ciclo attivo dell'IVA che è una caratteristica assolutamente imprenditoriale. Tale principio funziona anche nel caso l'acquisto da parte dell'imprenditore sia eseguito e non ne consegua la rivendita del bene. Sempre viene registrata l'aliquota IVA in forma di detrazione, anche quando il bene è destinato alla proprietà ed utilizzo aziendale.

 

Tutto quanto sopra ad un privato è negato per principio e per legge e quindi questo dà l'assoluta prima dimostrazione erga omnes che un privato non svolga affatto attività di lucro e guadagno in caso di vendita di propri beni e per questi motivi l'IVA è una prova decisamente sostanziale.

 

Ma naturalmente ci potrebbe essere il reato ugualmente in caso di commercio occulto con acquisti per la rivendita in forma continuata con ricarico, mancato versamento IVA ecc. ecc. Ma anche lì andiamo a vedere il perché dello specifico delle cose.

 

Premettiamo che il discutere qui non è se sia legittimo o meno fare commercio occulto (ovvero il reato con la volontà di farlo), ma bensì se l'attivita del nostro amico sia commercio e quindi sia in status di "illlegalità" involontaria necessitante la regolarizzazione, se sussistano casi di necessità di una documentazione fiscale delle proprie entrate operate in questo modo, come è stato affermato, e se più in generale sia necessario ascrivere queste forme sotto la voce "guadagno" (quello che suggeriva para era fare una dichiarazione dei redditi nel famoso quadro "8" denominato "redditi diversi" delle dichiariazioni dei redditi annuali), da parte di coloro che operano questo analogo tipo di vendite e più in generalmente tutte le vendite (anche quelle occasionali quindi).

 

Bene la risposta non è Ni, ma bensì un categorico No. E non ci sono dubbi di nessun tipo.

 

Noi sappiamo che il nostro amico, che ribadisce ancora, sta vendendo una sua collezione comprata nel tempo (io credo in molto tempo) che risulta sostanziosa e decisamente numerosa e di valore. E che lo stia facendo per dismetterla per spazio e per recuperare cifre spese nel tempo. Qui la presenza dell'acquisto al fine della rivendita è assolutamente inesistente. Il motus che ha portato il postante ad accumulare i beni era il collezionismo personale, negli anni, e non certo la lucratività dovuta alla rivendita. Quindi la sua azione era quella dell'accumulo di beni a livello patrimoniale. Ora, il fatto che intenda disfarsene e quindi rimonetizzarne una parte, del tutto indefinita, inidentificabile il ricarico per l'assenza di scontrini o prove di acquisto (ma anche se esistessero tutti la cosa sarebbe comunque del tutto irrilevante per quanto detto sopra); questo è decisamente un realizzo. La collezione è stata accumulata alla stessa stregua del denaro contante e comunemente accettato come forma di valore per pura e semplice convenzione sancita dalla legge. Poiché un bene definibile patrimonio non è necessariamente un qualche cosa che abbia un valore intrinseco universalmente accettato da tutti (la moneta), ma anche un bene che sia in qualche maniera valorizzabile (ripeto l'esempio: una macchina od una casa) ma il cui valore è indefinito ed indefinibile di partenza, orbene, il possesso di patrimonio in questo paese non viene imposto. Non si impone la presenza di valori personali, mentre si tassano in casi specifici e del tutto stabiliti.

 

Ricordo un politico di alcuni anni fa, Bertinotti, che del concetto della "tassa patrimoniale" ne aveva fatto una battaglia politica. Chiedo? Risulta a qualcuno che in Italia esista una qualche forma di "tassa patrimonile"? Poiché chiunque dovra acconsentire che tale istituto non esiste, vorremo conseguenzialmente assumere che il patrimonio a livello generico nel nostro paese non si tassa. Ne consegue che non si tassa nemmeno il patrimonio non monetario ma equivalente al possesso di moneta come accade per le collezioni che sono di valore indefinito ed indefinibile. E non si può tassare nemmeno, quindi, la loro trasformazione in valore effettivo e definito poiché non costituisce per niente una forma di guadagno.

 

Diamo un altro esempio di una meccanismo del genere. Mettiamo che le banche ci facciano schifo e non vogliamo affatto depositare i nostri risparmi al loro interno. Decidiamo invece di acquistare oro. Sappiamo che si tratta di metallo prezioso che addirittura possiede un valore intrinseco valutabile addirittura in forma oraria ogni giorno. Se noi compriamo oro per rivenderlo, diciamo, sei mesi dopo ricevendone una valutazione maggiorata, facciamo per caso un guadagno? Quindi quando si va dal "compro oro" classico e tanto diffuso, oramai, dobbiamo poi rendere l'incassato sotto la voce dei redditi diversi? Temo di no. E per quello che non è oro e costituisce comunque una forma di patrimonio è la stessa e medesima cosa.

 

Ancora, investiamo in borsa. Noi sappiamo che l'investimento azionario è tassato con l'aliquota del 12,50% sui guadagni del gioco di borsa. Ma lo è perché un apposito decreto di diversi governi nel tempo, di tutti i colori, ha stabilito questa forma di imposizione straordinaria, proprio perché in Italia non esiste alcuna legge di imposizione patrimoniale generica. Altrimenti non si sarebbe potuto fare normalmente. E parliamo di guadagni in borsa (e sappiamo bene che tali speculazioni possono fare entrare potenzioamente molto denaro nelle tasche di chi lo possiede). Ed anche in questo caso si impone comunque il guadagno e non ill patrimonio. Altra semplice dimostrazione che il patrimonio genericamente non viene tassato se non per casi specifici stabiliti dalla legge.

 

 

Messaggio 11 di 21
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Apertura negozio professionale

Tutto chiaro, come al solito direi, ma la preoccupazione del nostro amico è un'altra ed io la condivido, in quanto soggetto eccessivamente ansioso per natura, ovvero:

 

dato che la distinzione tra collezionista in dismissione e commerciante occulto è davvero sottile a volte e difficile da marcare, in che modo ne esce il nostro amico nel caso in cui la sua attività risvegli le attenzioni delle autorità preposte alla vigilanza?

 

Perchè i casi sono solo due, o le autorità di vigilanza escludono a priori il controllo di tutte le attività "borderline" per concentrarsi solo su quella marcatamente irregolari, oppure un controllo può esserci e quindi è utile sapere come se ne può venire fuori.

 

Ciao

 

 

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Messaggio 12 di 21
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Apertura negozio professionale

E poiché come al solito parlo e scrivo tantissimo (una delle critiche più aspre fatte dai miei detrattori nel forum, ma lo faccio a causa dell'interesse degli argomenti e per fini comunque discorsivi e divulgativi e spero non me ne vogliate anche voi, almeno voi) ho diviso l'intervento in due anche per chiarezza.

 

Veniamo al concetto di "imprenditoria occulta", poiché al nostro amico fabio ha sfiorato il pensiero di essere inconsapevolmente in questo status tanto da muovere se stesso a cercare una via per sanare questa situazione che a lui pareva anomala.

 

Esistono coloro che fanno tale attività fuori dalle norme di legge e quindi compiono un reato, ma non è il caso di colui che vende le proprie cose privatamente.

 

A livello giurisprudenziale esistono alcune sentenze della Corte di Cassazione che hanno fatto scuola e delineano due modi interpretativi della concettualità di un imprenditore. La prima che cito (Cass. Civ. n. 2154 6 marzo 2000) sancisce un concetto di imprenditorialità tradizionalistico, ovvero che risulti imprenditore colui che persegua il fine di lucro nella sua attività economica (io sono a favore tendenzialmente di questa interpretazione). Un'altra precedente ( Cass. Civ. n. 5766 15 giugno 1994) dava invece un concetto più ampio affermando che era caratteristica imprenditoriale anche il solo perseguire il fine di recuperare i costi di investimento per portare avanti l'attività e comunque conseguire un equilibrio tra i costi ed i ricavi. Dette così sembrano leggere sfumature, ma sono molto differenti invece poichè la seconda tende a dare la croce anche ad attività non lucrative tradizionali e riconosciute se sussistano le caratteristiche dell'imprenditorialità. Ma entambe, senza sè e senza ma, ribadiscono che comunque, per potere essere definiti imprenditori, ovverosia coloro che esercitano una attività di vendita in forma professionistica, debbono sussistere TUTTE le condizioni sancite dall'art. 2082 del Codice Civile. E vediamolo questo articolo:

 

"E' imprenditore chi esercita professionalmente, una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi."

 

Tutte e non solo alcune di queste condizioni. Per cui l'attività deve essere organizzata, ovvero strutturata per il fine preposto, economica, ovvero finalizzata al perseguimento di introito, con produzione o scambio di beni o servizi, ma anche professionale, ovvero fatta e compiuta per mestiere. Il farla per mestiere presuppone autorizzazioni ed iscrizioni al registro imprese, al registro IVA, pagamenti di contribuzioni, richiesta di licenze di vendita ecc. ecc. Chi ha tutte queste caratteristiche ma non assolve agli obblighi di legge compie reato.

 

Un privato che vende un proprio patrimonio, e quindi non organizza una attività di vendita al fine dello scambo di beni e servizi, non lo fa in maniera organizzata con l'acquisto al fine della rivendita, e non lo fa in maniera professionale, ovvero per il definibile intento del guadagno (e poco importa se lo consegue o meno) come sancirebbe la prima sentenza citata, oppure con il fine del recupero e del raggiungimento dell'equilibrio tra costi e ricavi (come direbbe la seconda), ma semplicemente per monetizzare qualche cosa di indefinito, può essere un imprenditore, quindi, e per cui soggetto ad imposizione sul reddito per la sua attività?

 

La risponsta non è quindi ne Sì e nemmeno Nì, è NO.Non ha e non può avere queste caratteristiche che ricordo devono sussistere TUTTE.

 

E' invece un venditore occasionale. E colui che, sancito dall'articolato costituzionale, esercita la sua libera attività economica senza vincoli essendo questo un suo preciso diritto costituzionale.

 

E non si caschi nell'equivoco, spesso dato per accezione comune del sentire e del parlare, che "occasionale" significhi in qualche maniera "breve". Occasionale significa semplicemente che si verificano delle condizioni particolari, non delimitate da alcuna forma o sostanza temporale, che rendano possibile un determinato fatto.

 

Per cui il possedere un patrimonio potenziamente monetizzabile ed il farlo, prescinde da limiti precisi di tempo prevalendo l'occasione. Se tale finestra occasionale dura anni (il vendere una collezione ingente dal punto di vista numerico, oppure molto mobile e volatile per questioni di scambio, qualità, volontà collezionistica ecc. ecc.) questo non estingue il concetto di occasionalità. Ecco perché la caratteristica di un imprenditore è fare le cose in maniera "organizzata e professionale". Perché questi atti non sono dati da una particolare occasione ma bensì tendenti a costituire uno stato di fatto permanente che porti al guadagno data una fonte di attività che non è data "dalle occasioni", ma da autentiche produzioni od accaparramenti di beni e servizi da scambiare, per il conseguire il lucro (a parere di noi che siamo d'accordo in questa interpretazione) od almeno il recupero di tali investimenti per scambio o produzione ed il pareggio dei costi/ricavi (come sancirebbe la sentenza più anziana).

 

Infine vorrei dire che non si deve dare spiegazione di se stessi e delle proprie attività a chi controlla, ma bensì è chi controlla che deve fornire prova od ipotesi di un eventuale reato. Quindi, non devi essere tu che dimostri ad un ipotetico finanziere che ti controlla che non sei un vendtiore occulto, ma bensì è lui che deve dimostrare che lo sei. Ed ecco perché si fanno le contestazioni ufficiali citando l'ipotetica violazione, si fanno le querele, si fanno i verbali, i deferimenti all'autorità giudicante ecc. ecc. L'onere della prova sta a chi accusa e non il contrario.

Messaggio 13 di 21
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Apertura negozio professionale

Nel frattempo che ottemperavo a concludere il mio intervento "monstre", hai scritto, ma credo di avere risposto nella seconda parte. Dei controlli non si deve avere paura, la forza di polizia fa il suo dovere, ma non necessariamente deve colpirti se non sussiste nulla che possa renderti reo.

Se ne viene fuori dicendo la verità, anche perché, ribadisco, la prova dell'attività organizzata per lo scambio e la produzione al fine professionistico e del lucro (o dell'"altro" se vogliamo batezzarlo in questo modo) deve essere inopugnabile e dimostrabile, altrimenti è soppruso poiché il diritto all'attività economica, ribadisco ancora, è costituzionale.

Ed il violare un diritto costituzionale di una persona è una cosa piuttosto grave e quindi l'indagine deve essere fatta molto seriamente e non con prove all'acqua di rose o cn balai affermazioni di maniera tipo "mi sembra" od "appare". Un giudice per queste cose è implacabile.

Messaggio 14 di 21
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Apertura negozio professionale

Non ho competene tali da poterti tener testa,

 

So che la prestazione meramente occasionale rientra nelle previsioni dell'articolo 67 del Tuir (redditi diversi) ed è esclusa dal campo di applicazione dell'Iva ai sensi dell'articolo 5 del Dpr 633/1972 purtroppo non esiste una definizione di occasionale e la stessa di fatto esula dall’attività di interpretazione normativa essendo riservata, in maniera esclusiva, a quella di accertamento.

 

Tuttavia il mio Ni era motivato dal fatto che poichè spesso nelle grosse vendite occasionali si celano tanti commercianti abusivi (ci sono antiquari che da anni dichiarano di svuotare cantine a seguito di traslochi) si può essere oggetto di qualche controllo che a volte può risultare seccante o spiacevole.

 

Questo è un estratto della lettera ricevuta, anni fa, da alcuni venditori eBay occasionali (senza partita IVA):

“eBay ha ricevuto dalla Guardia di Finanza una richiesta di informazioni relativamente agli utenti Luca Taglialatela www.fiscosulweb.it!! ! ! ! ! 9 Adempimenti e Partita IVA per Vendere Online: Come, Quando e Perché - Voglio fare un’attività di vendita occasionale, devo aprire una partita IVA? residenti in Italia ai quali eBay, negli anni dal 2004 al 2007, ha emesso fatture per importi complessivi annui superiori ad euro 1.000,00 e che, nel medesimo periodo di riferimento, hanno venduto 5 o più oggetti nel corso di un anno. Vogliamo informarti che il tuo account rientra in questi parametri (...)”

Messaggio 15 di 21
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Apertura negozio professionale

La prestazione di cui parli è una prestazione occasionale "di lavoro". Tutta un'altra cosa. Non riguarda affatto attività di tipo imprenditoriale ma bensì prestazioni di lavoro su committenza. Ed infatti in quel caso si è delimitato il campo di prestazione a 5000,00 euro lordi per committente, versamento di imposizione irpef ecc. ecc. Ma non è il nostro caso.

 

Quello che citi tu è un limite di una attività imprenditoriale nascosta e quindi si delinea il reato di commercio occulto; andare a svuotare cantine di terzi per trovare il fine della rivendita senza autorizzazioni, raccogliere i vestiti vecchi della Caritas per rivenderli ai mercatini (caso recentissimo) ecc. ecc. Che quello sia un reato lo abbiamo già detto ed anche il perché, ed in ogni caso andrebbe provato. Come ho già detto il controllo è magari fastidioso, ma non necessariamente è deleterio.

 

Quella lettera che citi la conosco benissimo. Era una forma di avviso che ebay dava agli utenti che si trovassero in quella condizione, un controllo insomma, poiché ricevere fatture ebay per 1000 euro significava teoricamente vendere ed incassare per cifre molto più alte e quindi potenzialmente dovere controllare se si trattasse di commercio occulto. Che io sappia una percentuale superiore ad oltre il 90% dei casi si rivelò un poco o nulla perché chi ispezionava non aveva ben capito il sistema ebay e quindi non aveva tenuto conto che in quei 1000,00 euro c'erano anche le tariffe di inserzione che spesso rappresentavano una parte molto significativa del costo, gli abonamenti ai servizi ebay ecc. ecc. Altri casi si rivelarono del tutto legittimi ed imperseguibili. Che io sappia quell'inchiesta rivelò solo una decina di grandi evasori realmente occulti che vendevano a quantità e grandezze da superstore, oltre a generare una pletora di multe verso effettivi venditori professionisti che per vari motivi formali avevano fatto diverse omissioni. Uno dei casi più eclatanti si tradusse in un arresto di un tizio toscano che vendeva come il market ed era uno che comprava e rivendeva outlet mascherandosi da professionale che non era, ed altri casi di aperta e reale truffa. Ma i più non è successo proprio nulla e naturalmente nessuno ha fatto obiezioni ai veri venditori privati né si è minimamente provato a dire che la loro attività fosse in qualche maniera illecita.

 

 

Messaggio 16 di 21
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Apertura negozio professionale

Quindi in definitiva mi sembra di capire che la linea di demarcazione è molto sottile. 
Posso vendere la mia roba senza preoccupazioni ma potrei comunque essere oggetto di verifiche...ed in quel caso sinceramente non saprei come venirne a capo. Ci mancherebbe davvero solola guardia di finanza che mi viene a contestare un presunto illecito.
Ultima precisazione. Quindi per questo tipo di vendite non va dichiarato nulla nel 730 o teoricamente bisognerebbe indicarle ? leggere tanti pareri contrastanti mi dà l'idea che questo tipo di normative siano troppo passibili di interpretazione personale. 
Insomma per stare tranquillo c'è qualche accorgimento che posso adottare a livello fiscale senza necessariamente far sì che diventi un'attività a livello tributario ?

Messaggio 17 di 21
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Apertura negozio professionale

Beh, però dopo tanto parlare non farmi cadere le braccia eh? Tu non devi fare nulla. Non ci sono accorgimenti o cose che debba fare.perché questa tua attività e fiscalmente non rilevante. Il tuo non è un reddito e quindi fiscalmente non ha significato.

E se mai venisse la Guardia di Finanza, gli dici le cose come stanno, molto semplicemente. Quelli vengono per fare controlli, mica con le contestazioni in mano. Se il controllo è positivo, allora è positivo, Punto e basta.

Le ansie, su queste cose, non servono a nulla ne, come vedi, non ti fanno nemmeno ragionare serenamente.

Messaggio 18 di 21
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Apertura negozio professionale

fabiokrt
Utente della Community
Ti ringrazio per l'assistenza. Perdona la mia insistenza ma era giusto per capire il quadro generale siccome nel cercare in rete ne ho lette di tutti i colori. Allora sto tranquillo e continuo per come sto facendo. Grazie ancora per il tempo dedicatomi
Messaggio 19 di 21
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Apertura negozio professionale

Ricordo che all'epoca delle denunce fatte da ebay su richiesta GdF al riguardo di coloro che avevano superato la fatturazione di 1000 euro un amico ebbe da ebay la seguente risposta"tutto quanto incassato è soggetto a tasse e tributi" e lo consigliava di rivolgersi ad un commercialista

 

Messaggio 20 di 21
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