Ha banalmente ragione l'acquirente, perlomeno per come viene raccontato il tutto. Infatti le leggi europee semplicemente non esistono (il parlamento europeo non emana leggi ma direttive che devono essere rattificate dai parlamenti nazionali).
Ma praticamente tutta l'Europa comunitaria, della quale l'Ungheria nonostante Orban fa pienamente parte, ha rattificato il principio che ti ha enunciato Mario: il venditore paga le spese di reso in caso di non conformità.
E che cosa è una non conformità? E' un oggetto che non corrisponde a quanto descritto (uno per un'altro) oppure un oggetto non funzionante o non atto all'utilizzo al quale viene destinato se non esplicitamente enunciato da chi vende (con tutti i difetti del caso).
Siccome mi pare che non vendessi una scatola a sorpresa ma bensì un oggetto ben chiaro, il concetto è che è scontato che quello funzioni per l'utilizzo al quale viene destinato se tu non dici che non funziona.
A nulla servono le formule della restituzione non accettata oppure della restituzione condizionale (come nel tuo caso). Un reso in caso di non conformità si fa a carico di chi vende per il semplice principio che chi vende deve dare quello che dice altrimenti risarcire se non lo fa. E nel risarcimento è compreso tutto (anche le spese di restituzione).
Per cui è inutile vendere oggetti dicendo "forse non funziona". O funziona o non funziona e di lì non ci sono alternative. Un oggetto che non funziona viene dichiarato tale esplicitamente mentre uno che funziona è tale per il semplice fatto che è stato fabbricato per esserlo.
Dato tutto questo, hai il problema di doverti purtroppo sobbarcare tutte queste spese sia per la legge italiana che per quella ungherese (che sono semplicemente analoghe).
Ed è proprio per questo che saggiamente ti si diceva di non vendere teconologia, peraltro di incerto funzionamento, in quel modo, almeno per il futuro. Proprio perché ti esponi a questi rischi che poi ti obbligano ad assumerti responsabilità compromettenti.
