Cominciamo da quella che due editoriali, su Repubblica e Corriere della Sera, definiscono “una leggenda”: che i 224,3 milioni di euro spesi nel 2007 per intercettazioni telefoniche siano un terzo delle spese per la Giustizia. Balle, scrivono gli editorialisti, nel 2007 lo Stato ha messo a bilancio per la Giustizia 7,7 miliardi di euro. Quindi i 224 milioni sarebbero bruscolini. Balle, ribattiamo noi: quei 7,7 miliardi è il costo totale del sistema giudiziario italiano, stipendi del personale compresi (dal presidente della Cassazione ai portieri), e compresi anche i costi di costruzione e mantenimento delle carceri.
Diversi i fondi extra che di anno in anno il Tesoro destina al ministero della Giustizia: si tratta di spese che nella Finanziaria 2008, firmata da Prodi e Padoa Schioppa, ammontano a circa 800 milioni di euro. Ed ecco che cosa dispone, nella relazione all’articolo 23, l’ultima Finanziaria del centrosinistra: “Entro il 31 gennaio 2008 il ministero della Giustizia deve realizzare un sistema unico nazionale per le intercettazioni telefoniche, dovrà monitorare i costi complessivi delle attività disposte dalle autorità giudiziarie con l’obiettivo di ridurre i costi dagli attuali 250 milioni circa a 100 milioni di euro”.
Sgombrato (almeno si spera) questo finto problema, veniamo al secondo piatto forte del partito pro-intercettazioni. L’inchiesta sulla clinica Santa Rosa di Milano si sarebbe potuta fare senza ricorso alle intercettazioni. Giusto, o almeno possibile. Ma vi risulta che quelle conversazioni siano finite sui giornali prima della conclusione delle indagini? Che siano stati divulgati particolari privati che con l’inchiesta non c’entrano nulla? Che i pm non siano andati a cercare sul campo gli elementi di prova attraverso un accurato lavoro di riscontro? Che la decisione di mettere sotto controllo i telefoni di medici e personale, autorizzata dal gip, non sia stata strettamente correlata alla chiusura del cerchio probatorio? Non pare proprio.
Vediamo invece a che cosa hanno mirato, negli ultimi tempi, le più famose inchieste a base di intercettazioni.
Luciano Moggi & company: tre anni di lavoro della procura di Napoli per stabilire che l’ex dg della Juve aveva un vasto potere d’influenza sul campionato, sugli arbitri e sulle varie campagne acquisti. Complimenti!
Inchiesta del 2006 su Vittorio Emanuele di Savoia. Intercettazioni chieste dal pm di Potenza Henry John Woodcock: accuse, associazione a delinquere, falso, favoreggiamento della prostituzione, riciclaggio. In 24 finiscono in carcere. Nel marzo 2007 l’indagine viene archiviata dalla procura di Como (tra i vari filoni, le slot machine del Casinò di Campione d’Italia). Il principe non è certamente uno stinco di santo, ma quanto sono costate le intercettazioni?
Passa un anno e Woodcock apre “Massonopoli”, indagine a base di intercettazioni telefoniche sui rapporti tra massoneria e politica. Il pm coinvolge le 103 prefetture italiane. Al momento, finita nel nulla.
2008: altra inchiesta di Woodcock che coinvolge l’ex ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, il comandante Ultimo (l’uomo che arrestò Totò Riina), l’agenzia di viaggi Visetour di Viterbo e gli appalti della Camorra in Campania. A che cosa è approdata? Mistero. Fatto sta che la situazione dei rifiuti (e della camorra) a Napoli e dintorni non pare averne risentito. Operazione Why not del pm di Catanzaro Luigi De Magistris. Coinvolge politici, dirigenti sanitari, affaristi vari, e tocca l’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, sfiorando Romano Prodi. Mastella si dimette: dopo poco viene scagionato.
Un lungo passo indietro, a Mani Pulite. Di quella stagione che fece piazza pulita della vecchia classe politica molti ricordano le telefonate personali, sbattute a piene mani sui giornali, tra Alessandra Necci e Pierfrancesco Pacini Battaglia. Che cosa c’entravano? Nulla.
Ma non solo. Negli ultimi anni lo Stato ha ottenuto rilevanti vittorie contro il terrorismo e la mafia. In nessun dei due casi si è fatto uso (o abuso) delle intercettazioni. Molto, invece, del lavoro sul campo dell’intelligence, della collaborazione dei pentiti. Tutte cose meno comode che mettersi ad ascoltare le chiacchiere tra qualche vip e darle in pasto al guardonismo nazionale. In cambio, s’intende, di numerose comparsate televisive. Infine: contrariamente a quanto alcuni (i soliti) hanno insinuato, Silvio Berlusconi non propone affatto di cancellare le indagini sulla corruzione finanziaria. Chiede invece che si svolgano con i metodi tipici delle vere inchieste giudiziarie: che, come abbiamo visto proprio a proposito di mafia e terrorismo, sono tanto più efficaci quanto più si svolgono nel silenzio.
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Trombraider.it oppure trombraider.org? Dilemma...