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RACCONTI DEL PAESE DI SONORUSLANDIA

rik_castle
Utente della Community

Morte di un dannato (n. 2)


 


La Leggenda del diavolo musicante (Di Riccardo)


Nessuno conosceva il suo vero nome e nemmeno era certo in passato fosse stato un grande pianista.
La sua storia si smarrì sulle punte delle stupide lingue avvelenate di quartiere.
Comparve nel parco un giorno di luglio tanto caldo


che attraverso le narici si respirava aria intrisa di catrame fuso.
Nessuno lo vide arrivare e sedersi sulla panchina, sbucò dal nulla


nel suo abito chiaro che un tempo doveva esser stato sfolgorante e dal taglio elegante, ora stropicciato, consunto, strappato e sporco.
Non aveva mai proferito parola ad alcuno, non aveva chiesto mai nulla.
Sul selciato di fianco la panchina, una bottiglietta di plastica riempita per metà d'acqua.
Non si sa se dormiva sulla panchina stessa, oppure, sull'erba dell'aiuola, di cosa si nutrisse...
nessuno gli aveva mai dato nulla.


 


Il parco durante il giorno era territorio di bambini che giocavano, capitò qualcuno di questi provò a rivolgergli la parola mentre le mamme li strattonavano malamente per farli allontanare.
Lui, non si era mai mosso di un centimetro, assorto in una sua dimensione interiore, distante, chissà dove.
l'unica caratteristica che lo rendeva vivo alla vista degli altri, era la testa che andava su e giù


impassibile e senza sosta, ad annuire. Un'esistenza intera, racchiusa in un muto movimento del capo.


Dicevano avesse figli con più donne che non aveva più visto da anni, che fosse stato un grande amatore,


più volte sposato...un grande pianista di talento, caduto in disgrazia dopo una malattia


che gli aveva reso le dita artritiche.
Ma forse, fu solo vittima dei tempi che cambiano inesorabilmente divenendo sempre più posticci...


se ne dicono tante, quando non si comprende; nessuno conobbe mai, la sua vera storia.


 


Quella sera, passando dal parco..... ero in ritardo, ma, decisi fermarmi...
Mi incuriosiva, credetti e credo tutt'ora fermamente quell'uomo trasandato e sporco,


che stava in giacca nonostante il caldo infernale di quei giorni.


Barba e capelli grigi incolti, i tratti del volto consumati oltre l'età effettiva


come probabilmente la sua stessa anima: fosse realmente stato un grande pianista, straordinario.
Un'uomo affascinante e di talento... come alcune voci raccontavano.
Quella sera, mi avvicinai, lui non si mosse... parve non accorgersi della mia presenza.


Mi sedetti al suo fianco.
Il calare della sera, esortò senza riverenza il sole a spegnersi, la luna stava affacciandosi


da dietro una nube singola, una nuvola solitaria orlata di luce nell'intero infinito cielo!
Venere pulsava e sullo specchio d'acqua visibile oltre la siepe, il riflesso d'argento


spaccava in due la superficie del mare calmo come un lago.
Mille pensieri come intrusi inopportuni, presero forma nella mia mente;


venni risucchiato da malinconia e preoccupazione: la mia sorte, poteva essere identica


a quella di quest'uomo...
infastidito, ricacciai indietro ogni pensiero e rivolsi lo sguardo dalla sua parte.
In quell'istante, vidi le sue labbra disegnarsi in un sorriso, il capo ora fermo, gli occhi


come fiammelle all'acetilene, le mani con le dita aperte in tutta la loro elegante lunghezza


su una tastiera di pianoforte invisibile, pronte a prender vita.


Si era aperto il sipario alle prime luci lattiginose di luna...


 


"Ladies and gentlemen..NIGHT AND DAY!....l'orchestra, augura buona serata..."


 


Le sue dita cominciano a muoversi in sincronia al rollio.


Il grande salone del transatlantico prende vita all'istante sulle note di introduzione del pianoforte.


Camerieri in livrea un'attimo prima immobili, come infusi di vita improvvisa


si muovono con eleganza in giro ai bordi del saloni.
Sui vassoi di peltro...Bicchieri flut riempiti fino all'orlo sulla cui superfice liquida come sogni effimeri svaniscono bollicine; tavolo per tavolo.
Donne eleganti dalle ciglia maliziose , da sopra le spalle dei loro uomini che le tengono strette nella danza,


lo guardano ammirate nel suo abito da sera al centro della scena.
Gli occhi socchiusi, le lunghe dita perfette che volano sulla tastiera...
Stetti li tutta la notte e quando alla mattina i netturbini che spazzavano i petali morti dei gigli, mi svegliarono....


 


"Signore!...signore.... per favore, si svegli...!"
Lui, aveva le braccia oramai abbandonate, distese, le mani con le dita pietrificate in un'accordo,


le spalle appoggiate allo schienale della panchina, gli occhi aperti, il capo immobile...


nell'espressione più autentica...
un'espressione che io conosco e che è il massimo della rappresentazione dell'ispirazione momentanea di libertà assoluta, in un musicista; che può sopraggiungere poche volte nell'arco di un'intera vita.


 


Quella notte, Aveva suonato come mai prima.,


per orecchie ignoranti che sempre colgono solo la scena e l'aura affascinante di un musicista.


 


"Senta... ma lei, lo conosceva?..pare morto.....
" sì, lo conoscevo.... ora devo andare
"ma signore!...
" ciao musicista!...intanto, ci incontreremo ancora, all'inferno!.. "


me ne andai lasciando li, gli spazzini con le loro scope di paglia e confusi....


                                                                                                                          Fine


 


vi chiederete se La storia è falsa, forse è vera.... CHE DIFFERENZA FA! cosa cambia?  Niente!

Messaggio 1 di 25
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24 RISPOSTE 24

Rif.: RACCONTI DEL PAESE DI SONORUSLANDIA

rik_castle
Utente della Community

poeti..........

 

Or non vedi tu, che se vuoi andare alla natura, tu vi vai con mezzi di scienze fatte d'altrui sopra gli effetti di natura.
tu non sei allora poeta, tu ti trasmuti, e non sei più quello di che qui si parla.

Messaggio 21 di 25
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Rif.: RACCONTI DEL PAESE DI SONORUSLANDIA

kong

 

Potrai mascherarti in mille volti
tragico mendicante d'amore
svuoterai il ventre del tuo cielo
delle notti di cui fosti padrone assoluto

Diverrai sì stella per l'eternità
ma in vana attesa
di comprensione_______________Riccardo

Messaggio 22 di 25
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Rif.: RACCONTI DEL PAESE DI SONORUSLANDIA


Il Sole, nel suo moto annuo lungo l'eclittica, al momento dell'equinozio d'autunno (verso il 23 settembre) viene a trovarsi esattamente sull'equatore celeste nel punto della Bilancia......etcetera.. 

 

Accadde a Settembre

 

Oltre il brontolio delle smorfie del mare e il tetro contrasto verdastro delle alghe morte in superfice; lontano: l'immobolità dell'interminabile tavola cobalto, avrebbe impresso d'indaco il cielo nel cosmo, ancora per qualche minuto.
Non avevamo timore dell'incombere delle ombre, annusavamo l'incontaminato vento dei monti alle spalle esaltarsi di salmastro ed essenze afrodisiache di alghe putrefatte.

Come in un rito pagano della contemplazione e dell'iniziazione, la catasta di legna gia pronta;

attendavamo la compensazione paritetica delle tenebre, dell'equinozio d'autunno.
La striscia spumosa fluorescente sotto la luna, come lama argentea divise l'abisso.
L'oscurità, si caricò di vibrazioni ataviche: aria fuoco terra.........acqua.
Poi, tra faville di fuoco pagano, maliarda e carne d'adolescente, divennimmo sagome

di pelle salata orlate di luna, intermittenti, avvinghiate tra loro in sincope allo scandire eterno dei moti ondosi.

 

tanto che non scrivevo...mi riesce ancora... mi sorprendo da me! Mi sentivo handicappato, menomatto! Avessi studiato.... macchè!... peccato!

 

A questo proposito: solo le pareti di un cesso pubblico, potrebbero fare da giusto ed armonico supporto alla mia poetica. Versi, tra   falli abnormi a pennarello, numeri telefonici e scritte pornografiche di repressi ..imaginate: accovacciati alla turca..."Toh! e questa?... cosa c'entra!?".. c'entra c'entra...sciagurato! sarebbe ora provassi con una vera donna!...

C'entra c'entra...  riscoprire il verde degli alberi, i  fiori ricoperti di limo delle scorie umane.. stendere un velo pastello sui limiti  che generano obrobri! Ogni male deriva dai limiti, l'avarizia...

a questo punto:  potreste ragionevolmente pensare che per me il forum è un cesso pubblico; in un certo senso.... ma non vuol dire  per me esecrabile!..

ciao

 

Messaggio 23 di 25
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Rif.: RACCONTI DEL PAESE DI SONORUSLANDIA

All'origine, non ero demente!..

 

in principio, non siamo squilibrati come vorrebbe l'orrida  retorica, sulle punte delle lingue avvelenate degli stolti!

 

 

 

 

 

Messaggio 24 di 25
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Rif.: RACCONTI DEL PAESE DI SONORUSLANDIA

Morte di un dannato. Serie: (Auto-eutanasia) Prima stesura.

 

 

L'aria, pare essere da sempre il suo elemento naturale.
Si sente aerodinamicamente perfetto.
La camicia incollata al petto per via della resistenza opposta dal vento, le braccia aperte con le maniche svolazzanti e la bocca socchiusa da cui sente l'aria fresca entrare e raggiungere i polmoni. E' padrone della forza di gravità e del vento. Potrebbe compiere ogni sorta di evoluzione aerea. Invece, si limita a planare, godendosi appieno le sensazioni sublimi che la sua mente completamente sgombra, elabora in felicità assoluta. Guarda in basso: gruppi di persone tutte col capo rivolto verso l'alto, agitano le braccia per attirare la sua attenzione, urlano, ridono, mentre altri si limitano a stare immobili, increduli. Sull'erba dei giardini pubblici: bambini oramai sfuggiti al controllo dei genitori saltano, caprioleggiano, cantano liberi e felici.
Compie un paio di volteggi tra lo stupore generale, poi, sfruttando una corrente ascensionale riprende quota tra applausi e grida. Si alza sempre più in alto verso le nuvole, fino a che le persone nei viali diventano formiche, per poi scomparire totalmente. Ora, avvolto dal silenzio totale, sospeso tra le nubi, pensa a come tutto è cominciato.
Non ricorda altro se non il momento in cui ha spiccato il salto dal balcone del suo misero alloggio. Scaccia questo pensiero che sta interferendo sul suo stato di beatitudine, guarda in basso verso l'orizzonte: il mare!
E' uno spettacolo bellissimo.
Nuove emozioni fanno vibrare i suoi sensi come corde di liuto. Si lancia in picchiata assaporando già, i volteggi a pelo dell'acqua a sfiorare la spuma delle onde, tra i gabbiani.

L'oceano è li davanti, sempre più vicino: riesce a distinguere le onde che si infrangono sulla scogliera.

Prova un senso d'infinito, libertà senza confini.
E' quasi arrivato, ma qualcosa comincia a rallentare il suo volo che diventa sempre più difficoltoso. Attratto verso il basso come da una calamita, sente di non essere più leggero ed etereo come un'attimo prima. Ora è solo un corpo solido che scende rapidamente a caduta libera.

Cerca di sfruttare le correnti d'aria favorevoli per planare fino al mare che vede sempre più vicino.

E' inutile, la sua discesa diventa sempre più veloce. Comincia a sbracciare annaspando l'aria a vuoto, poi, rassegnato si lascia andare ed inizia a precipitare avvitandosi su se stesso.

Non ha paura mentre vede il suolo avvicinarsi a velocità vertiginosa; prova solo una grande pace interiore. Quando è a pochi metri dallo schianto, tutto diventa nero e il buio totale l'avvolge.

La porta dell'inferno sta per spalancarsi, per ricondurlo alla realtà.

Fa per aprire gli occhi ma le sue palpebre restano chiuse. Allora, prova a muovere una gamba: anche questa resta immobile. Nessuna parte del corpo risponde agli imput che la sua mente gli lancia. E come se il cervello si è svegliato mentre il resto di lui sta ancora dormendo. Una tempesta si scatena nella sua mente mentre cerca di muovere una qualsiasi parte del corpo. Sa, che se non riuscirà a svegliarsi completamente, morirà. Sente il cuore battergli contro lo sterno all'impazzata, ha bisogno di ossigeno. Capisce che deve calmarsi, lasciarsi andare e non opporre resistenza. Piano piano, i battiti rallentano, il respiro diventa regolare e di colpo, con uno spasmo che si ripercuote su tutto il corpo, gli occhi si spalancano.
Si ritrova vestito di pantaloni e camicia, avvoltolato nelle lenzuola. Con grande sforzo si libera, tira sù leggermente la schiena, appoggia il cuscino matido di sudore alla spalliera del letto e si lascia andare all'indietro. Gli occorrono alcuni secondi prima di mettere a fuoco la spoglia stanza. Lancia uno sguardo allo specchio senza cornice, appeso alla parete di fronte.
Ha il viso scarno, sotto le sopraciglia occhi cerchiati e gonfi, i radi capelli grigi incollati alla testa.
Con disgusto, sposta lo sguardo dalla sua immagine; si porta le mani alle tempie. Un ronzio sottile come un'ultrasuono gli fischia nei timpani, le tempie pulsano, una punta di trapano gli sta perforando il cranio, procurandogli un dolore lancinante.
Un leggero grattare sul nuro attira la sua attenzione.
Concentra lo sguardo tra lo specchio e la fotografia in bianco e nero di lui stesso, insieme ad amici sorridenti, ormai lonatani nella memoria. Un filo di polvere d'intonaco fuoriesce da un piccolo foro e scende giù per la parete. Resta immobile senza respirare. Due piccole antenne scure, muovendosi a destra e sinistra fanno capolino.
Si sfrega gli occhi per mettere meglio a fuoco la scena. A questo punto, le antenne escono completamente, trascinandosi dietro il resto del viscido insetto nero che una volta fuori, prende a correre sul muro. Un'istante subito dopo, un'altro insetto prendendo la scia dell'altro esce velocemente dal foro, che si è allargato maggiormente. li segue con lo sguardo provando ribrezzo, mentre salgono lungo la parete fino al soffitto, per poi fermarsi uno vicino all'altro proprio sulla sua testa. Si limitano a muovere le antenne, senza spostarsi di un millimetro. Li tiene d'occhio ancora per un poco, poi, ritorna a guardare la parete: non succede niente. Controlla di nuovo i due insetti sul soffitto; riporta lo sguardo sul piccolo foro e questa volta, un'altro insetto esce dal buco, subito inseguito da un'altro e poi da un'altro ancora, e ancora... Un brivido freddo gli percorre la schiena. L'intonaco comincia a sgretolarsi sotto la pressione della moltitudine di scarafaggi. Sente il sangue raggelarglisi nelle vene. Dalla lunga crepa che si è formata oramai escono a centinaia. In breve, la parete è ricoperta da uno spesso strato brulicante che dividendosi in due, si dirige verso il soffitto ed il pavimento. Non osa scendere dal letto, il pavimento è una massa nera pulsante. Rimane immobile impietrito dalla paura, incapace di una qualsiasi reazione. Intanto, dal soffitto molti insetti cominciano a lasciarsi cadere, finendo dritti sul letto. Alcuni restano a pancia all'aria. Vede le loro zampette muoversi freneticamente, nel tentativo di rigirasi. Di colpo, mentre è scosso da conati di vomito, una vera pioggia di insetti si abbatte sul letto. Scalcia via la coperta, si strappa la camicia di dosso per spazzare via quelli che gli camminano addosso. La pioggia non si arresta, ora, gli cadono direttamente sulle spalle nude, sul capo. Vorrebbe urlare, ma dalla gola non esce suono. Continua a scalciare all'impazzata mentre con le mani cerca di togliersi quelli che sente camminargli dappertutto. Ne cadono a migliaia, in più la massa nera, dal pavimento ha raggiunto i piedi del letto. Non c'è niente da fare; stremato, senza più forza alcuna, si lascia andare steso, chiude gli occhi e sprofonda in un baratro d'orrore. Tutto il corpo è in preda a tremore e a violenti spasmi. Gli entrano nelle orecchie, nelle narici, mentre sprofonda sempre più nell'abisso. Dopo un po', non avverte più nessuna sensazione fisica poi, da un'angolo sconosciuto della mente, qualcosa lo richiama in superficie. Con gesto automatico allunga il braccio tremante verso il comodino, ne tasta a vuoto il piano per alcuni secondi, finchè scontra contro qualcosa di solido. Fa scorrere la mano verso l'alto, stringe il collo della bottiglia con tutta la forza che ancora gli rimane. Sente le corazze degli scarafaggi frantumarsi sotto le dita mentre se la porta verso la bocca. Appena la apre ber bere, alcuni insetti si infilano al suo interno. A quasi superato completamente il disgusto e la paura: in fondo, sono solo scarafaggi. Potrebbe schiacciarli tutti e farne marmellata. Sempre tenendo gli occhi chiusi stacca la bottiglia, mastica e sputa. Se la riporta alla bocca e senza riprender fiato, beve quanto più può. La gola brucia mentre il liquido scende giù, Il calore si propaga per tutto il corpo e il tremore inizia a diminuire. Riprende fiato, apre gli occhi: gli insetti sono scomparsi quasi completamente. Ne è rimasto qualcuno di quelli rovesciati, ora immobili. Beve ancora una lunga sorsata senza accusare più nessun bruciore alla gola, gli insetti morti svaniscono.
Ora sta bene, anche se è in un bagno di sudore, spossato e privo di forze. Però, il tremore ha smesso di sconquassarlo, anche l'anello di dolore che gli stringeva il capo e passato. Si; sta molto meglio. E' finita grazie a Dio.
Senza guardare, perchè ogni movimento gli costa una fatica enorme, appoggia la bottiglia sul comodino. Questa, traballando perde l'equilibrio e cade rilasciando il resto del contenuto. Volta il capo lentamente e resta immobile a guardare il liquido giallo che si spande sul piano di vetro. Fa appello alle poche forze che gli rimangono, butta giù i piedi dal letto e stando seduto sul bordo, tira fuori dalla tasca dei pantaloni il fazzoletto. Lo spiega, lo stende sul piano del comodino, poi, dopo che è inzuppato lo strizza nel bicchiere di fianco la bottiglia. Non riesce a recuperare molto. La gran parte del whisky e finito a terra dietro il comodino. Stremato dalla fatica si ristende sul letto, chiude gli occhi e smette di preoccuparsi. Non ne ha bisogno, ci penserà poi, quando sarà il momento.
Sta bene; vuole solo dormire. Sii, dormire. Ora, sta bene; poi ci penserà.
Domani... domani
poi vedrà.
Ora deve assolutamente dormire, dormire.......
Un'esplosione di luce investe i suoi occhi. Le alte onde si infrangono con tutta la loro potenza sulla scogliera. L'aria gelida carica di goccioline salmastre, gli entra nelle narici e nella bocca socchiusa, riempiendogli il petto. E' indescrivibile ciò che prova. Si lancia in picchiata, sfiora la spuma delle onde tra i gabbiani, si rialza e dall'alto guarda l'oceano. E' padrone dell'aria; libero e assoluto.
Pervaso da un senso di appagamento totale, ancora una volta, si lascia andare ed inizia a precipitare. Quando tocca la superficie dell'oceano, non avverte l'impatto con l'acqua gelida.
Il mare, pare essere una continuazione del cielo.
Mentre affonda tra sensazioni sublimi, rivede se stesso bambino rotolare sui prati, i figli, gli amici, i genitori il lavoro. Tutta la sua vita gli scorre davanti in un'istante.
Il petto del corpo sul letto, ha quasi smesso di andare sù e giù.
Poi, tutto diventa nero e il buio totale l'avvolge.

 

Se qualche sciagurato ha letto, giunto alla fine della storia, potrebbe ragionevolmente pensare questa è la solita storia del delirium tremens, tannto abusata da romanzieri e cinematografo di gratuita  morale difettosa. niente affatto! 

Questa è la storia di un suicida... morire  attarverso i sogni.. è una storia difficile. Si tratta della storia contraria alla normale necessità di chi decide morire perchè logorato nella sostanza della carne  e lo fa meccanicamente abusando della mano altrui . Questa è la storia della sofferenza, dell'inferno di una mente, più atroce di qualsiasi male al corpo. eppure capace di sogni stupendi perchè semplici,   fino a fargli fermare il  cuore, anticipando il proprio destino, normale epilogo fisiologico prematuro. 

 

la sistemerò... è un poco sbilenca come narrazione e chissà quanti errori.. vedrò

ciao

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